Quanto sono efficaci le valutazioni individuali nel guidare un team?
Oggi, le competenze più ricercate dai dipendenti sono l'autonomia, la responsabilità e lo spirito di squadra: tutte qualità che fioriscono (o meno) a seconda dell'ambiente professionale… e delle competenze del manager stesso.
Se ci saranno le condizioni, la squadra potrà accedere alla sua intelligenza collettiva. Altrimenti sarà ognuno per sé e la macchina collettiva resterà irrimediabilmente presa.
Nei colloqui di valutazione, la posizione del manager è quindi sempre più “permalosa”: come puoi chiedere motivazione al tuo collaboratore quando sei tu stesso responsabile della sua creazione all'interno del team? Come pretendere autonomia quando, appunto, un collaboratore autonomo dovrebbe per definizione liberarsi dalla sottomissione al suo capo? Come si crea uno spirito di squadra se tutti si sentono giudicati individualmente e, in alcuni casi, messi fuori? Il colloquio di valutazione individuale, che dovrebbe essere uno spazio per rimotivare ogni dipendente, si sta rivelando sempre più complicato da gestire per il manager. Quest'ultimo, infatti, difficilmente può essere contemporaneamente giudice e parte e potrebbe essere portato, inconsapevolmente, a produrre ingiunzioni contraddittorie.
La soluzione è una sola: passare dalla valutazione individuale alla valutazione collettiva. Ma come puoi valutare sinceramente le prestazioni collettive della tua squadra, quando tu stesso sei uno stakeholder? Come puoi includerti in questa valutazione senza perdere la tua autorità e autostima?
Creare un ambiente favorevole
Una valutazione collettiva di successo richiede determinate condizioni.
Prima di tutto, l'ambito di valutazione dovrebbe essere esteso a tutta la squadra E al suo manager. Proprio come per il colloquio individuale, il manager stabilirà tempi di valutazione collettiva ben definiti riunendo i suoi dipendenti. Lì ognuno dovrebbe potersi sentire libero di esprimere la propria opinione, anche esprimendo i propri disaccordi, in uno spazio di "confronti", o anche di "dispute" costruttive. Non è così semplice: i dibattiti “conflittuali” rischiano di trasformarsi in violenza (manipolazione, disprezzo, ignoranza, rifiuto, colpa… Cfr. Terapia Sociale) se non ci preoccupiamo di creare preventivamente un quadro specifico. , tenendo conto dei sentimenti e dei bisogni di ogni individuo. Sarà quindi necessario che il manager acquisisca la postura e l'approccio di tale lavoro, che si basino soprattutto sulla propria fiducia e sulla propria umiltà.
Il manager dovrà poter, nello spazio che si sarà creato, accettare di essere lui stesso interrogato, addirittura aggredito. Questo, pur creando un quadro sufficientemente sicuro e gratificante, necessario per infondere fiducia nella sua squadra. Dovrà poter ascoltare ciò che i suoi collaboratori hanno da dirgli e difendersi con accuratezza, pur sapendo riconoscere le proprie responsabilità, le sue imperfezioni, i suoi limiti, i suoi margini di errore e/o di progressione: in altre parole , Sii umile. Deve sapersi accettare e mostrarsi così com'è, nelle sue motivazioni, nel suo entusiasmo, ma anche nella sua vulnerabilità, come un'autorità riconosciuta, competente, ma anche fallibile e limitata. Dovrà anche saper riconoscere e valorizzare le autorità e le competenze dei propri dipendenti, pur accettando che anch'essi abbiano difetti e limiti.
Accetta le tue paure per poterle usare
Tali abilità interpersonali, così come il know-how, possono essere lavorate. Per essere più umili e fiduciosi, non dobbiamo solo saper riconoscere il nostro valore e le nostre capacità, ma anche e soprattutto imparare ad affrontare al meglio le nostre difficoltà, da ciò che veramente sentiamo: i nostri dubbi, le nostre paure, i nostri sospetti… Tanti sentimenti che dobbiamo prima conoscere - e/o imparare a - riconoscere in noi stessi.
Abbiamo tutti paure molto reali. È sbagliato credere che è scacciando le nostre paure che usciremo dalle nostre difficoltà. Al contrario, è imparando ad accettarli, a guardarli in faccia (o anche perché non amarli) che potremo comprendere meglio i pericoli che ci si presentano: questo pericolo è reale o addirittura immaginario? ? Rischio davvero di essere rifiutato da questo e da quello, o dalla mia squadra, o non sto inconsciamente ripetendo un'esclusione vissuta nel mio passato? Rischio davvero di essere umiliato, disprezzato, preso per uno scherzo?
Dobbiamo anche scacciare la nostra esigenza di perfezione che ci è stata ingiustamente instillata nel nostro passato: al contrario dalle nostre imperfezioni, dai nostri fallimenti, dai nostri errori accettati (vedi stima) che possiamo ritrovarci meglio, connetterci ed essere intelligenti insieme.
Sulla strada dell'intelligenza collettiva
Grazie a questo lavoro di ascolto e di riflessione interiore, il manager potrà creare sempre meglio lo spazio di fiducia permettendo ai membri del suo team di costruire insieme sulla base delle rispettive autonomie e responsabilità, e generare solidarietà e cameratismo. Permetterà ai suoi dipendenti di confrontarsi più liberamente, in modo più intelligente, anche con i loro leader, senza timore di essere vittime di bullismo o respinti.
Con il proprio manager, potranno quindi interrogarsi veramente, percepire e riconoscere reciprocamente i propri bisogni e i necessari miglioramenti e trasformazioni collettive (comprese le rispettive trasformazioni individuali), contestualmente a quelli della propria organizzazione e della propria azienda.
Si tratterà quindi meno di valutare le prestazioni individuali - che, viste in questa prospettiva, non sono più le cause, ma anzi le conseguenze delle prestazioni collettive -, quanto di valutare insieme le leve della performance collettiva guardando prioritariamente agli ostacoli che impediscono al team di funzionare insieme in modo ottimale, inclusi gli ostacoli relazionali.
Inoltre, se il manager saprà creare le condizioni per tale sincerità, tale libertà di parola nella sua squadra, potrà prevenire la paura del giudizio personale dei suoi collaboratori, troppo spesso all'origine di tensioni e blocchi. Renderà possibile un lavoro di scambio basato sulla realtà dell'esperienza di ciascuno, sulla base dei suoi bisogni, delle sue sofferenze, che ora possono essere espresse, consentendo la valutazione collettiva non solo delle difficoltà e dei successi del gruppo ma anche delle condizioni del suo ambiente di lavoro: organizzazione, supervisione, mercato, clienti, concorrenza, valori condivisi, senso di attività per l'interesse generale, ecc.
È così che questo spazio di confronto, di “conflitti costruttivi”, diventerà il motore del lavoro di squadra. In altre parole, della sua intelligenza collettiva.